Per l’occasione facciamo il punto con la Dott.ssa Andreina Ruiu (commercialista, consulente aziendale, consulente del lavoro, manager in governance) con la quale abbiamo una stretta partnership per tutti gli aspetti fiscali e amministrativi, che si è resa disponibile per rispondere alle domande che lavoratori e datori di lavoro si sono ragionevolmente posti in questi giorni, come abbiamo fatto noi stessi.
Si precisa fin da subito che questo articolo vuole essere un esempio applicativo del nuovo decreto del 17 marzo 2020. Per l’operatività specifica per ogni singolo caso si invitano i datori di lavoro ad appoggiarsi ai propri consulenti o a voler contattare la dott.ssa Ruiu tramite il nostro modulo per i contatti.
Domanda: ci segnalano che molti lavoratori si rifiutano di lavorare senza mascherina, ma possono farlo?
Risposta: questa situazione umanamente comprensibile ma suscettibile di interpretazioni personali è stata sanata con il comma 1 dell’art. 16, che in sostanza rende obbligatoria la mascherina chirurgica che si trova in commercio per tutti i lavoratori che sono impossibilitati a mantenere una distanza di almeno 1 metro gli uni dagli altri o con i clienti / utenti. E’ il caso, per esempio, di tutto il personale sanitario ed anche di tutti i servizi sociali legati all’assistenza a disabili o anziani. Al comma 2 dello stesso articolo, poiché il governo è consapevole che c’è difficoltà a reperire le mascherine, autorizza l’uso anche di prodotti non marchiati CE, come invece dovrebbe avvenire: significa che in via momentanea, fino a quando l’approvvigionamento regolare non si stabilizza, si possono usare mascherine non standard, non marchiate CE.
Domanda: si parla tanto di sostegno ad imprese, artigiani e liberi professionisti in questa fase di emergenza nazionale. Di che sostegni si tratta esattamente?
Risposta: ci sono aspetti organizzativi ed economici. Dal punto di vista organizzativo, si può fare ricorso allo Smart Working, per le mansioni che lo consentono, che è la possibilità di spostare momentaneamente nel proprio domicilio le attività lavorative, rimanendo “connessi” al resto dell’azienda con le tecnologie ben note a tutti, in primis Internet, oltre il buon vecchio telefono. Normalmente tale scelta andrebbe formalizzata con aspetti contrattuali definiti in base alla Legge n. 81/2017: ora queste procedure sono state semplificate dal Governo come descritto in questo articolo tramite apposito DPCM del 1° marzo 2020. Dal punto di vista degli aspetti economici, mediante il ricorso ad ammortizzatori sociali di varia natura, il Governo intende sostenere economicamente le imprese in difficoltà per mantenere in vita l’intero sistema produttivo. E’ stato approvato ieri in tarda serata, martedì 17 marzo 2020, dal Consiglio dei Ministri il decreto, chiamato “Cura Italia” che possiamo scaricare o leggere da qui, che definisce chi può accedere e come, oltre a numerose azioni a sostegno dell’impegno della Sanità.
Domanda: chi può accedere agli ammortizzatori sociali?
Risposta: tutti i datori di lavoro. Nello specifico, il comma 1 dell’art. 19 recita “I datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020“: questo è valido per chi è esterno alla zona rossa, mentre per chi è all’interno la durata è di tre mesi. Queste durate si aggiungono al periodo ordinario previsto dalla Cassa Integrazione. Ci sono inoltre sostegni anche per professionisti ed artigiani, con quote forfettarie di 600 euro al mese.
Domanda: facciamo un esempio concreto, con i servizi educativi per l’infanzia che sono stati sospesi per decreto, senza nessuna possibilità di scelta per gli imprenditori (ammesso che potessero averla). Spesso questi servizi sono erogati da cooperative sociali, che sono, a tutti gli effetti, società private.
Risposta: ci aiuta l’art. 23. Cominciamo dai dipendenti che sono anche genitori con una prima tipologia di aiuto. La sospensione nazionale delle attività scolastiche è iniziata dal 5 marzo, quindi a partire da questa data, e per un massimo di quindici giorni totali (continuativi o no), “per i figli di età non superiore ai 12 anni” hanno diritto ad “uno specifico congedo, per il quale è riconosciuta una indennità pari al 50 per cento della retribuzione“. Per tutti gli altri lavoratori del servizio educativo, ed in generale anche per molti altri settori, il datore di lavoro potrà presentare domanda per “trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario“. Occorre comunque precisare che le aziende che operano nel terzo settore (con almeno 6 dipendenti altrimenti si va da tutti i settori nella Cassa Integrazione in Deroga) sono iscritte al F.I.S. (Fondo di Integrazione Salariale) che consente una procedura più snella, senza necessità di accordi sindacali o vincoli normativi regionali, come avviene per la Cassa Integrazione in Deroga. l’Art. 21 ricorda che comunque anche per queste aziende (nella fattispecie le cooperative ma non solo) hanno diritto anch’esse fino a 9 settimane di integrazione salariale: la così detta Cassa Integrazione è del tutto equivalente ma è destinata al mondo industriale e commerciale, mentre il FIS è per i Servizi.
Domanda: sembra chiaro e semplice. E’ veramente così, ossia basta compilare un modulo?
Risposta: abbiamo semplificato per evitare di dilungarci. In realtà i passi da seguire ragionevolmente saranno
- come indicato al punto 2 art. 19 “ … entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione”, predisporre con l’ausilio del proprio consulente del lavoro / commercialista la domanda di trattamento integrativo che è disponibile nel sito dell’INPS e deve essere trasmessa in via telematica. Ricordarsi che la norma è retroattiva, per cui si può avere l’integrazione a partire dal 23 febbraio per un massimo di 9 settimane (per tutti eccetto zona rossa) o 3 mesi, per chi è in zona rossa.
- sfruttare la deroga dei versamenti allo stato (IVA, INPS, sanzioni etc) contenuto nel decreto all’art. X
- per le aziende con un volume di affari del 2019 fino a 2 milioni di euro, il termine di pagamento è prorogato al 31 maggio 2020
- se il volume d’affari è stato superiore a 2 milioni, il termine è prorogato a venerdì 20 marzo prossimo venturo, ad eccezione di alcuni casi in cui comunque la posticipazione è al 31 maggio: tra queste eccezioni ricadono le aziende con attività prevalente nel settore dell’istruzione.
- a marzo occorrerà pagare gli stipendi del lavoro svolto a febbraio. Dal mese di marzo e per tutto il periodo dell’emergenza si ricorrerà all’aiuto erogato dal F.I.S.
Domanda: l’azienda che gestisce questo servizio educativo a sua volta riceverà quanto dovuto comunque dalla Pubblica Amministrazione per il lavoro svolto, in tutto o in parte? Lo chiedo perché abbiamo già esplicite segnalazioni di Enti Comunali che hanno rallentato i pagamenti ad alcune cooperative.
Risposta: la Pubblica Amministrazione garantirà il lavoro svolto compatibilmente ai tempi necessari alla rendicontazione, che si sono dilatati a causa dello smart-working attivato diverse amministrazioni. Nell’esempio scolastico illustrato fin qui, tutte le attività svolte fino al 5 marzo devono essere retribuite perché la sospensione in tutta Italia è avvenuta a partire da tale data: oltre tale data non sono state erogate attività e pertanto non possono essere retribuite direttamente a carico del datore di lavoro. E’ proprio qui che entrano in campo gli ammortizzatori sociali che devono fornire ai datori di lavoro, quindi di conseguenza ai lavoratori, quella compensazione per il periodo di fermo produttivo.
Aggiungiamo che in base all’art. 48, punto 2 “… Durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socio-assistenziali di cui al comma 1 del presente articolo, le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei suddetti servizi per il periodo della sospensione, sulla base di quanto iscritto nel bilancio preventivo. …“.
Questa possibilità introduce una soggettività per i singoli comuni, dai quali ci si possono attendere comportamenti differenti l’uno dall’altro.
Si precisa altresì, come riportato al punto 3 successivo dell’art. 48 che “I suddetti pagamenti di cui al comma 2 comportano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga laddove riconosciuti per la sospensione dei servizi ...”: questo implica che se paga il Comune non si può accedere anche alla Cassa Integrazione, cioè uno esclude l’altro.
Domanda: nel mentre che l’INPS analizza le domande ed eroga i contributi, chi fornisce la liquidità ai datori di lavoro per anticipare gli stipendi, che in certi casi possono raggiungere cifre molto importanti?
Risposta: mediante ricorso al servizio generalmente noto come “anticipo fatture” disponibile presso gli istituti di credito, dove il datore di lavoro può utilizzare i capitali anticipati dalla banca per pagare gli stipendi per poi recuperare con l’INPS subito dopo. Spesso molte aziende e cooperative hanno già disponibile questo servizio in quanto non sempre la pubblica amministrazione riesce ad essere puntuale nei pagamenti.